Le cave di Marocco si presentano come stagni a debole profondità e a diversi stadi di interramento: molti specchi ormai si sono trasformati in fitti canneti e cariceti o, a partire dal centro, in densi e impenetrabili saliceti. Si tratta quindi di cave senili.
Le Cave di Marocco, in origine adibite all’estrazione dell’argilla, sono soggette alla normativa di tutela prevista dall’art. 20 del PALAV. Sono inoltre inserite in un contesto ambientale individuabile come area di interesse paesaggistico ambientale, e ricadono di conseguenza sotto quanto previsto dall’art. 21 del PALAV stesso. Da ultimo (agosto 2009) sono state oggetto di un’ Osservazione del Comitato al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento come “area umida e ambito paesaggistico di particolare interesse”.
La presenza sia di specchi d’acqua che di vegetazione palustre determina la presenza di habitat differenti. Il dinamismo vegetale di questi ambienti inoltre è un aspetto di notevole interesse naturalistico.
Le cave in generale nell’entroterra veneziano sono diventate un’alternativa agli ambienti paludosi che in passato occupavano spazi molto più estesi, ormai quasi del tutto drenati e bonificati, costituendo quindi degli importanti habitat sostitutivi per numerose specie vegetali e animali. Questi popolamenti igrofili, altrove scomparsi, o spesso relegati in ambienti di mera sopravvivenza (fossati, scoline, ecc.) e costretti a lottare per non scomparire in situazioni di estremo degrado, potrebbero riuscire a fungere da serbatoio per la ricolonizzazione del territorio, in opportune condizioni e nei tempi dovuti, e a ricostituire degli ecosistemi maturi.
Lo studio floristico e faunistico fa seguito ad una serie di iniziative promosse dal Comitato per la salvaguardia delle Cave di Marocco, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e l’amministrazione comunale sul valore naturalistico di queste aree residuali. L’obiettivo è la loro salvaguardia e l’inserimento nella rete ecologica che riguarda la conterminazione lagunare.