Specie a rischio

Le Cave di Marocco sono state ben rappresentate, dal punto di vista floristico e vegetazionale e con particolare riguardo agli ambienti sommersi, dal lavoro realizzato da T. Fasolo e A. Zanaboni, al quale rimandiamo per una descrizione più dettagliata. Le osservazioni e le tabelle faunistiche sono invece il risultato di pluriennali osservazioni, effettuate sia da semplici appassionati sia da professionisti come il dott. F. Mezzavilla o il dott. E. Ratti. Complessivamente è stato possibile censire nell’area delle cave di Marocco 307 specie di piante, 9 specie di pesci, 6 specie di anfibi, 9 specie di rettili, 87 specie di uccelli, 13 specie di mammiferi e circa 180 specie di invertebrati.

I dati storici e le analisi effettuate dagli Autori hanno evidenziato alcuni habitat caratterizzati da numerose specie vegetali in pericolo per la progressiva riduzione del loro ambiente. In particolare è stata segnalata la presenza di Nymphaea alba L., Nymphoides peltata (Gmelin)o.Kuntze e Utricularia australis R.Br. presenti nell’ “Atlante delle specie a rischio di estinzione” (Scoppola & Spampinato, 2005).

Ninfea comune (Nymphaea alba)

Il suo nome generico (Nymphaea), che deriva dall’arabo “nenufar”, che a sua volta deriva dal persiano “loto blu”, è collegato a diverse leggende di civiltà antiche. La mitologia greca, che annovera molte “ninfe”, fa derivare il suo nome da un termine del greco antico che significa “giovane fanciulla”. Il suo nome specifico (alba) è indicativo della colorazione del fiore. Vive preferibilmente in acque ferme o a decorso lento, è perenne e si propaga con facilità, al punto da essere considerata, in alcuni casi, invasiva. Per la verità è una pianta più palustre che acquatica, visto che può sopportare facilmente abbassamenti temporanei del livello dell’acqua. La sua altezza media, considerando anche la parte sommersa, varia dai 20 ai 200 cm. Le sue gemme possono essere sia sommerse che natanti, e sono ancorate al fondale da un apparato radicale. La parte che più spiccatamente attira l’attenzione è la sua infiorescenza, formata da grandi fiori natanti, generalmente solitari. Durano a lungo e si aprono di giorno con la massima apertura quando l’aria è più calda, solitamente tra le 14 e le 15. Il frutto della Ninfea è costituito da una bacca globosa, coriacea e spugnosa. Il suo processo di maturazione avviene sott’acqua, immerso nel fango.

Limnantemio (Nymphoides peltata)
nymphoides peltataIl genere “Nymphoides” è costituito da circa venti specie di piante acquatiche perenni, originarie dell’Asia, dell’Europa e del nord America. N. peltata, chiamata anche genziana d’acqua o limnantemo, ha foglie simili alle ninfee e fiori gialli. Dimora preferibilmente in acque dolci stagnanti o corsi d’acqua poco profondi e molto lenti; ama le posizioni molto luminose, ma non direttamente esposte ai raggi solari, soprattutto nei mesi più caldi dell’anno. Si può trovare dal piano fino a 1300 m. s.l.m. Il frutto è costituito da una capsula ovoide fusiforme, liscia, variabile nel colore, dal verde al nero e al marrone. I semi sono scuri, piatti e lungamente cigliati sulle coste per facilitarne la dispersione. In Italia è presente in poche stazioni di ambienti umidi adatti, dalla Val Padana a Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Sardegna. E’ stata introdotta e naturalizzata in Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, ma è ovunque piuttosto rara a causa dell’inquinamento delle acque. E’ da considerarsi una pianta protetta.
Erba vescica delle risaie (Utricularia australis)
Questa pianta, appartenente alla famiglia delle Lentibulariacee, vive nelle acque stagnanti dell’Europa, Africa, Asia ed Australia. Possiede un fusto composto da lunghi filamenti erbosi (puù raggiungere anche i 120 centimetri di lunghezza) che fluttuano appena sotto al livello dell’acqua sui quali sono collocate minuscole vescichette (3 millimetri) che fungono da trappola a risucchio. Una particolarità di questa pianta sta nella fioritura: all’estremità di un lungo stelo (dal color rossiccio) troviamo un fiore a corolla dal color giallo dorato e dal diametro di circa 2 centimetri. Durante il riposo invernale (sopporta bene anche temperature vicine ai -30°C), U. australis forma delle specie di ibernacoli pelosi e sferici, dai quali nascono poi nuove piantine con l’arrivo della primavera. Ama l’esposizione alla luce, ma non al sole diretto. Sia il nome volgare che quello scientifico sono dovuti alla particolare morfologia delle sue foglie, già ricordata in precedenza. Le “vesciche” (da cui Erba vescica) od “otricelli” (da cui Utricularia), oltre che alla cattura di piccoli organismi animali permettono alla pianta medesima di galleggiare a pelo d’acqua, facendo sì che i fiori possano assolvere alla funzione riproduttiva fuori dall’acqua stessa. L’assunzione delle minuscole prede è legata alla necessità di reperire azoto in un ambiente in cui, solitamente, questo elemento scarseggia. La specie è ormai estremamente rara in tutta la penisola.

Per quanto riguarda invece la fauna, si è evidenziata la presenza di due specie presenti nella Direttiva habitat 92/43/CEE (Rana latastei Boulenger, 1879 ed Emys orbicularis Linnaeus 1758) e 13 specie presenti nell’allegato I della Direttiva Uccelli 2009/147/CEE (Botaurus stellaris, Ixobrychus minutus, Nycticorax nycticorax, Egretta garzetta, Egretta alba, Ardea purpurea, Pernis apivorus, Circus aeruginosus, Circus cyaneus, Sterna hirundo, Chlidonias niger, Alcedo atthis, Lanius collurio).

Rana di lataste (Rana latastei)

Sistematica. La Rana di Lataste è compresa nel gruppo delle cosiddette rane rosse, al quale appartengono anche altre specie ben più diffuse, quali la Rana rossa (Rana temporaria), la Rana agile (Rana dalmatina) e la Rana greca (Rana graeca). Appartiene alla Classe degli Amphibia, all’Ordine Anura e alla Famiglia Ranidae.  Morfologia. La Rana di Lataste può raggiungere circa i 7 cm e presenta una colorazione piuttosto variabile, sui toni del bruno-rossastro che le consentono di mimetizzarsi con le foglie secche del sottobosco. Un carattere che ne facilita il riconoscimento è il peculiare disegno della gola, una linea mediana chiara tra due parti laterali piuttosto scure e una “V” rovesciata sul dorso. L’addome non è bianco come in Rana dalmatina. Ecologia. La Rana di Lataste predilige i boschi di pianura, comunque sempre al di sotto degli 800 m s.l.m., ed in particolare i boschi igrofili, dove utilizza per la riproduzione piccole pozze d’acqua ed ambienti ripari del sottobosco. Essa è presente in buona quantità nell’area delle cave di Marocco. Nel 2007 un importante popolamento stanziava nelle vicinanze della cava meridionale. I loro nemici naturali sono numerosi. Le uova sono soggette a ripetute predazioni, ad esempio da parte del germano reale. I girini sono predati dalle grosse larve acquatiche di alcuni Insetti, in particolare Odonati e Ditiscidi. Gli adulti sono invece predati da mammiferi e uccelli acquatici, come alcuni Strigiformi (allocchi e gufi), nonché da rettili del genere Natrix. Riproduzione. Il comportamento riproduttivo è simile a quello di R. dalmatina. La stagione riproduttiva ha inizio a Febbraio o, al più tardi, a Marzo e ha durata tipicamente breve, da un minimo di due-tre giorni ad un massimo di due tre settimane. Le uova schiudono dopo due o tre settimane dalla deposizione. La durata del ciclo larvale varia da 90 a 110 giorni. Appena metamorfosati gli animali sono lunghi 15 mm e raggiungono i 32-36 mm ad un anno di età. Mancano dati sull’età di maturità sessuale e sulla longevità. Distribuzione. Si tratta di una specie di grande interesse zoogeografico, in quanto costituisce un taxon endemico dell’Italia settentrionale, con penetrazioni nella Svizzera meridionale ed in Istria.

Tartaruga palustre europea (Emys orbicularis)

Sistematica. Unico Emidide presente in Italia, la tartaruga palustre europea è inclusa nella lista delle specie protette stabilita prima dalla convenzione di Berna del 1979 e poi dalla direttiva 92/43/CEE. Sotto il profilo tassonomico appartiene alla sottofamiglia degli Emididi, costituita principalmente da specie Nord-americane e, in particolare, per aspetti morfo-funzionali, al complesso Clemys-Terrapene (Ernst e Barbour, 1972). Morfologia. Carapace ovale e liscio con una cerniera poco sviluppata lungo il piastrone tra le pettorali e le addominali. Ha dita ben distinte, munite di unghie visibili e accuminate, congiunte da una membrana natatoria. Gli esemplari vecchi, sono di regola scuri, mentre nei giovani e negli adulti il carapace, il collo e il capo possono presentare strisce e macchioline gialle. La taglia massima, secondo molti autori, può raggiungere i 35 cm., in particolare nelle regioni nord-africane. Le Emys italiane raramente però superano i 20 cm. Il carapace ovale e appiattito risulta idrodinamico durante il nuoto e il suo colore è altamente mimetico. La permanenza a lungo in acque torbide e paludose fa sì, poi, che sul carapace si sviluppino alghe verdi filamentose che ne accentuano il mimetismo. Ecologia. Le abitudini di vita di E orbicularis sono quelle tipiche di una testuggine palustre, cioè strettamente legate all’ambiente acquatico. E’ tuttavia possibile che si allontani anche per parecchi chilometri dal bacino nel quale vive abitualmente anche durante la stagione secca. Solitamente alle cave possono osservarsi esemplari a terra lungo le rive o su tronchi e rami affioranti dall’acqua ove sale per riscaldarsi al sole. Di notte, invece, si trattiene in acqua, sia in superficie che sul fondo o si sposta lungo le sponde di fiumi, paludi e canali, in cerca di cibo. Di regola è un rettile stanziale e gregario ad eccezione degli esemplari anziani. La sua temperatura preferenziale è di 20-24 gradi, ma con 6-9 gradi è talvolta già in attività; in genere però la specie è abitualmente attiva, quando la temperatura è superiore ai 14 gradi. E’ attiva dalla primavera al tardo autunno, mentre trascorre i mesi invernali in uno stato di latenza, celandosi in buche lungo le riva di fiumi e canali o anche nella fanghiglia del fondo. In questo secondo caso, integra la respirazione aerea con l’ossigeno che riesce ad assumere direttamente dall’acqua, attraverso la pelle del collo, ma ha comunque bisogno di affiorare di tanto in tanto con la testa in superficie. Lo fa però solo una volta ogni quattro o cinque ore. A seconda dell’andamento climatico, escono dal letargo invernale, dagli inizi di marzo a fine aprile, anche se non è raro osservare qualche esemplare in riscaldamento al sole, già a metà febbraio, se la temperatura permane per qualche giorno al di sopra dei 16 gradi. Sebbene sia soprattutto carnivora, è considerata specie onnivora con una dieta estremamente varia. Riproduzione. L’accoppiamento può avvenire da Marzo ad Ottobre, ma in Aprile-Maggio è più frequente e avviene esclusivamente in acqua. Durante il periodo dell’amore i maschi diventano molto combattivi. Tra Aprile e Maggio è facile vedere le fasi di corteggiamento e di approccio tra i sessi. La deposizione delle uova avviene alla fine di giugno fino a tutto agosto, preferibilmente in un punto sabbioso coperto da bassa vegetazione lungo le rive. Spesso l’efficacia della fecondazione del maschio si prolunga nel tempo di modo che una singola fecondazione può consentire alla femmina di deporre uova vitali anche per due o tre anni di seguito senza bisogno di ulteriori contatti col maschio. Distribuzione. La distribuzione in Italia è tipica di una specie minacciata, con contrazione e discontuinità dell’areale. Numerose testimonianze, oltre che un confronto con altre regioni europee dove la specie non è minacciata, indicano che fino ad alcune decine di anni fa E. orbicularis era un tempo molto diffusa lungo tutti i corsi d’acqua, nelle paludi e nei laghi costieri. Oggi è diventata uno dei rettili italiani più in diminuzione e per questo oggetto di particolari attenzioni e di numerosi studi eco-etologici da parte di naturalisti ed enti protezionistici. Nella penisola iberica e balcanica risulta in simpatria con Mauremys caspica, unico altro Emidide presente in Europa. In Italia la testuggine d’acqua vive in Sicilia, in Sardegna, nella pianura Padana e nel litorale medio tirrenico. All’interno delle cave di Marocco è stata spesso segnalata con individui in acqua o nelle aree circostanti gli stagni.